Dal 10 al 15 gennaio, presso il Teatro Sociale di Brescia, “Maria Stuardaâ€.
“Se dovessimo individuare un denominatore comune del teatro di Schiller, diremmo che esso ruota intorno alla definizione del rapporto fra il soggetto e la politica, come luogo nel quale si materializzano in modi più emblematici il senso della storia e insieme la funzione dell’individuo nel quadro sociale: la politica in quanto fenomenologia del destino umano”. Così annotava il celebre germanista Paolo Chiarini, introducendo la raccolta delle opere teatrali di Schiller.
E non fa eccezione il potentissimo dramma Maria Stuarda, vicenda dalle tinte cupe che narra lo scontro frontale tra la regina di Scozia Maria Stuarda e la regina d’Inghilterra Elisabetta, la prima prigioniera della seconda: le due sovrane lottano per la corona in uno scontro appassionato, che determinerà le sorti future non solo dell’Inghilterra, ma dell’Europa e del mondo.
Oggi è Davide Livermore a cimentarsi nel nuovo allestimento del capolavoro di Schiller, fondato su un minuzioso lavoro di traduzione affidato a Carlo Sciaccaluga che mira a restituirci, in un italiano alto, tutta la bellezza del testo originale.
“Ciò che mi sembra interessante – spiega il regista – è provare ad ampliare la prospettiva politica insita nel testo e riflettere sul tema fondamentale della centralità della donna, ovvero del rapporto tra donna e potere. Nel trovarci di fronte queste due gigantesche figure, non possiamo non chiederci quanto e come la donna abbia dovuto interiorizzare certi meccanismi maschili della gestione del potere”.
A incarnare le regine rivali, due regine della scena teatrale italiana: Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni. “Due grandi signore del teatro che si cambieranno di ruolo, sera dopo sera – spiega Livermore –. Chi farà Maria e chi Elisabetta? Immagino un momento rituale iniziale, una cerimonia di attribuzione del ruolo, una vestizione che sarà un grande prologo, catartico, da fare assieme al pubblico. Fino a un istante prima, Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni non sapranno chi vestirà i panni di chi. E la vestizione, l’assunzione del ruolo, di fronte agli spettatori, è dunque parte integrante dello spettacolo. Un meraviglioso virtuosismo, tale da far pensare alle incredibili doti di Gassman e Randone quando si alternavano nelle parti di Otello e Iago. Ma vi è, in questo approccio, una motivazione drammaturgica profonda: si tratta infatti di una precisa lettura del dramma schilleriano, che svela quanto e come, in fondo, i due opposti siano la stessa cosa, quanto questa cruenta dualità altro non sia che un riflesso, un doppio, dell’Uguale”.