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Gilgamesh, l’epopea di colui che tutto vide

Gilgamesh, l’epopea di colui che tutto vide

Dal 22 al 26 febbraio, presso il Teatro Sociale di Brescia, “Gilgamesh,
 l’epopea di colui che tutto vide”.

Circa due secoli fa, negli scavi della biblioteca di Assurbanipal a Ninive, gli archeologi portarono alla luce una serie di tavolette. Quando la scrittura cuneiforme fu decifrata, esse rivelarono il titolo di un poema: Di colui che vide le profondità e le fondamenta della terra. Si presentò così, Gilgamesh, a noi occidentali, e quando Rilke ebbe una prima traduzione dell’opera affermò di non aver mai letto niente di così potente.
Gilgamesh è il più antico poema a noi conosciuto. È la storia di un re che, dopo aver sperimentato sulla propria pelle il dolore per la morte del suo migliore amico, lascia il suo trono e gli agi di corte per andare alla ricerca della vita eterna e della verità sulla caducità dell’esistenza umana.
La versione classica di questo componimento, quella che ci è pervenuta nel miglior stato di conservazione, fu elaborata a Babilonia tra l’ottavo e il settimo secolo a.C. da un sacerdote di nome Sileqiunninni, che probabilmente riunì il lavoro fatto da scribi e aedi per due o più millenni. Le tavolette di Ninive contengono dunque una sintesi delle parole e dei versi che narratori di ogni tipo cantarono per secoli dal Golfo Persico al Caucaso.
Oggi, Giovanni Calcagno fa risuonare per noi questa grande epopea, riscrivendola nella forma del verso libero. Accanto a lui sul palcoscenico, due meravigliosi attori, Luigi Lo Cascio e Vincenzo Pirrotta.
 



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