Dal 24 al 28 febbraio, presso il Teatro Sant’Afra, “L’Oreste, quando i morti uccidono i vivi”.
Nel testo di Francesco Niccolini, Oreste è internato nel manicomio dell’Osservanza a Imola.
È stato abbandonato quando era bambino, e da un orfanotrofio a un riformatorio, da un lavoretto a un oltraggio a un pubblico ufficiale, è finito lì perché in Italia, un tempo, andava così.
Dopo trent’anni non è ancora uscito: si è specializzato a trovarsi sempre nel posto sbagliato nel momento peggiore.
Non ha avuto fortuna l’Oreste, e nel suo passato ci sono avvenimenti terribili che ha rimosso ma dai quali non riesce a liberarsi: la morte della sorella preferita, la partenza del padre per la guerra, il suo ritorno dalla campagna di Russia tre anni dopo e poi la sua nuova partenza per una fantastica carriera come cosmonauta, la morte violenta della madre, una madre che lo ha rifiutato quando era ancora ragazzino.
Eppure, l’Oreste è sempre allegro, canta, disegna, non dorme mai, scrive alla sua fidanzata, parla sempre. Parla con i dottori, con gli infermieri, con un’altra sorella che di tanto in tanto viene a trovarlo, ma soprattutto parla con l’Ermes, il suo compagno di stanza.
Peccato che l’Ermes non esista…
Da solo in scena, Claudio Casadio dà vita ai sogni dell’Oreste, ai suoi incubi, ai suoi desideri e agli errori di una vita tutta sbagliata, evocati dalle voci fuori campo di quattro attori e dalle bellissime illustrazioni animate di Andrea Bruno, che dipingono il mondo immaginario e fantastico di Oreste.
In un emozionante caleidoscopio di presenze, questo spettacolo porta in scena l’impossibile: un viaggio tra Imola e la luna, attraverso la tenerezza disperata di un uomo abbandonato da bambino che non si è più ritrovato.
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