Scattano strane magie, quando suona il PIETROD….ARCHI Ensemble. Sfrigolano cortocircuiti temporali (passato contro presente; il futuro appena svoltato l’angolo). Partono subitanei illusionismi sonori. Ci sentiamo risucchiati nel gorgo sonoro. In che macchina del tempo siamo entrati? Davanti a tutti, il vulcanico e tentacolare Mario Stefano Pietrodarchi, fisarmonica e bandoneon quasi inevitabili prolunghe del suo corpo, che ordina, obbedisce, reagisce, dialoga. Attorno a lui, il Quintetto dell’Accademia di Santa Sofia. L’ascoltatore potràverificarlo fin dalle prime note: qualcosa sta accadendo ora, eppure avverti un profumo di storia, sentore di tradizione, e pure intuisci profezie di un domani immediato: ci troviamo alternativamente proiettati in un “ qui-e-ora”e in un “altrove”. In bilico fra l’umile realtàfonica –innamorata, sovranamente cantabile, carnale e terrestre – proveniente dallo strumento a mantice, e la nobile astrazione – carica di tradizione, vellutata, sognante, immateriale – realizzata dai cinque archi. (E’ superfluo specificare come i ruoli possano essere invertiti e/o mescolati a piacere). Il progetto sonoro PIETROD…ARCHI èinnovazione e temerarietà. Temerarietà perché l’ascoltatore intravede scorci di natura visionaria, assaggia come in sogno pezzi di un al di là non immaginato, qualcosa di scattante, attuale, teso, aurorale. Poi avverti subito una forte volontà di teatralizzazione, connaturata alla prepotente musicalitàdi Pietrodarchi (come ben conosce chiunque lo abbia visto almeno una volta in azione): la sua vitalità è incontenibile e appare quasi travolta da un’unica ondata spumeggiante di felicità. C’èun sano desiderio di partecipazione all’intera sostanza dell’essere, una necessità interiore, germinante, sorgiva, da cui tutto prende vita. C’èla volontàdi lasciarsi invadere dalla realtà. Cantare il mondo per custodirlo, per dargli rilievo, per ricordarlo. Ma c’èanche dell’altro: èpresente una forza misteriosa eppur evidente, un’intensitàbiologica e sentimentale che affiora in continuazione; c’èla tranquilla certezza di chi abbia vissuto, sofferto, assimilato in profonditàquelle pagine che sta suonando per noi. Trovi una tensione debordante, che pare dribblare definitivamente ogni minimalismo, ogni restrizione formale, che agisce fuori da ogni parsimonia e risparmio. Ha riscosso successi in giro per il mondo, al fianco di Orchestre quali Sinfonica Abruzzese, Filarmonica Marchigiana, Armenian State Chamber Orchestra, Orchestra Slesiana (Polonia), Bielorussian State Chamber Orchestra, e altre ancora. Adesso sta realizzando un sogno ancora piùambizioso: lavorare stabilmente con una piccola orchestra d’archi e pianoforte, numericamente ridotta ma potenzialmente completa, per inventare, divertirsi, procuraci godimento. Una strada vergine, una via non