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Beyond Painting 2

Beyond Painting 2

Secondo appuntamento del progetto “Beyond Painting”. Con le tele e i disegni di tre artisti (Romina Bassu, Antonio Bardino, Greta Pllana), la Galleria La Giarina mostra come la pittura non sia assolutamente da consegnare al museo delle cere della Storia dell'Arte.

Secondo appuntamento del progetto “Beyond Painting”. Con le tele e i disegni di tre artisti (Romina Bassu, Antonio Bardino, Greta Pllana), la Galleria La Giarina mostra come la pittura non sia assolutamente da consegnare al museo delle cere della Storia dell'Arte. Neppure oggi quando l'impiego sempre più spregiudicato e accelerato delle moderne tecniche di comunicazione sembra confinarla nel ghetto della tradizione. 
Testimone delle immagini artificiali, essa, l'archetipo di ogni immagine, forse si è messa ad attingere a piene mani alle categorie estetiche della contemporaneità: allo spaesamento, all'ironia, alla citazione meta-stilistica. Ciò non significa però abdicare alle convenzioni e ai confini classici, ma, all'interno di questi confini, tentare nuove narrazioni, vedere come le antiche tecniche si comportano una volta che si appropriano di altri linguaggi (fotografia, video, internet). È un modo di pensare la tradizione come qualcosa di attivo, innovativo, sperimentale, che non si conclude in se stesso, ma che si propone come dimensione dello sconfinamento e della ibridazione.

Lo può testimoniare l'iconografia ipnotica e inquietante, sfacciata e perfida che suggerisce la pittura di Romina Bassu (Roma, 1982; dove vive). Essa porta in scena un modello di femminilità, la cui genesi può essere fatta risalire all'idea di donna sorridente, sottomessa, “perfetta” degli anni '50. Ispirandosi alle atmosfere e alle pose di quell'epoca (desunte da foto d'archivio e locandine cinematografiche), l'artista raffigura corpi che assurgono a puri oggetti del desiderio. Però non ne fa personaggi eroici, ma piuttosto personaggi quasi privi di vita, sacrificati al loro mero apparire. Infatti c'è sempre nella rappresentazione un elemento assente, un pezzo che manca, una rimozione allarmante. Così le icone diventano presenze fantasmatiche e indistinte, se non addirittura personaggi di paradossali pantomime che recitano su fondali neutri. E il vuoto che le circonda pare proprio mettere in risalto il loro essere semplici stereotipi, cliché, simulacri.

Ogni quadro di Greta Pllana (Durazzo, 1992; vive a Treviso) invece appare come un mistero tutto da scoprire, fatto di ricordi e di sogni. E anche se l'artista prende spunto dalla realtà quotidiana (da foto o da immagini del web), si tratta sempre di raggiungere una dimensione quasi astratta e sospesa: più la rappresentazione di uno stato d'animo che di uno stato reale, più la deviazione di ogni senso che un discorso logico. Come spiegarsi, del resto, l'incessante intrecciarsi dei vari registri: il letterale e il simbolico, il sacro e il profano, il concreto e il mitologico, l'animale e l'umano? O come intendere il ricorso a titoli che sembrano moltiplicare la possibile lettura di ciascun lavoro e aprirlo a infinite interpretazioni? Ed è così che avviene anche negli ultimi lavori di Pllana: veri momenti di vita “congelati”, oscuri, storie senza contesto, scene che portano in luce sovrimpressioni, incroci, incastri. Oltre ogni apparente ordine e fine.

Precarietà e meraviglia attraversano anche i dipinti di Antonio Bardino (Alghero, 1973; vive a Udine). Bisogna “lasciarsi andare”, dice l'artista, perché “l'immagine si fa da sola”. Il suo, è un mondo che sorge per leggeri sfioramenti, contaminazioni, impurità, segni radianti nello spazio. È un approccio al visibile naturale, quasi a toccarne l'anima, l'immensità, la profondità. Non, certo, per ricalcare fedelmente il reale, ma per ripercorrere l'esperienza della percezione in tutta la sua complessità fisica e psichica. È la magia di un segno (di una macchia, di un colore) che libera il proprio spirito per sorprendere la leggerezza di una materialità ormai privata del proprio corpo e colta nella sua essenza espressiva. Ma anche Bardino non manca di scattare foto. Anche lui ha bisogno di fissare l'immagine, di fermare il tempo. Solo così, poi può sensibilizzare la materia e arricchirla di una vibrazione viscerale ed enigmatica.
Tutti e tre gli artisti di “Beyond Painting 2” sembrano aver la necessità di rimandi, di ancoraggi con altri media, per immergersi ancor più a fondo nella sintassi della pittura. Non si tratta più di realizzare immagini da contemplare, ma di creare immagini problematiche, inquisitorie, ambigue, cariche di curiosità e aspettative. Bisogna occupare spazi imprevisti, aprirsi verso discorsi mai affrontati. In altre parole, elaborare messaggi inediti, capaci di cogliere le istanze del presente. E, quindi, di essere sempre al principio delle cose e dei fatti. In questo modo la pittura non è più anacronistica, come spesso si dice, è ancestrale; non è più inattuale, è perennemente originaria.
 



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